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Il Santuario di Minerva

Area archeologica

Orari di apertura - Accesso Libero

Da Maggio a Ottobre

  • Sabato e Domenica dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 14:30 alle 18:00

  • su prenotazione allo 0364 322603

Contatti

Telefono: 0364 322603

Email: info@comune.breno.bs.it

Sito Web: 

Un po' di storia

Scoperto del 1986 e aperto al pubblico nel 2007, il Santuario di Minerva è un parco eccezionale dove la bellezza e la sacralità naturale del luogo si uniscono alla monumentalità dell’intervento romano conservato in maniera ben leggibile nelle strutture.

Sotto l’occhio vigile di Minerva il visitatore potrà ripercorrere come duemila anni fa gli spazi del culto e del rito ai piedi dell’altura da cui sgorgava l’acqua sacra.

La Valle Camonica fu conquistata dalle truppe romane guidate dal proconsole Publio Silio Nerva nel 16 a.C., nell’ambito del vasto e articolato processo, già avviato dai Romani nella seconda metà del III secolo a.C., che portò in duecento anni alla romanizzazione di tutta l’Italia settentrionale.
Civitas Camunnorum, la città dei Camuni, fondata in un luogo particolarmente felice dal punto di vista geografico, paesaggistico e climatico, protetta dalle montagne alle spalle e affacciata sul fiume Oglio, fu punto di riferimento e di aggregazione di tutte le genti della valle e modello avanzato di romanità.

In questo quadro si inserisce la costruzione del monumentale santuario di Minerva.

Il luogo

Un pianoro soggetto nei secoli passati a violente esondazioni sulla sponda sinistra del fiume Oglio – che percorrendo la Valle Camonica per tutta la sua lunghezza prima di immettersi nel lago d’Iseo (Lacus Sebinus) costituisce un importante collegamento tra le Alpi a nord e la pianura a sud – nascondeva fino a pochi anni fa un luogo di culto frequentato fino dall’età del ferro (VI secolo a.C.).

Luogo di culto che nasce proprio intorno alla presenza dell’acqua nel fiume e nelle sorgive custodite nelle grotte.

Lo scaturire dell’acqua dalla terra era infatti nell’antichità sentito come l’epifania, il manifestarsi della divinità con la quale si poteva entrare in diretto contatto attraverso percorsi cerimoniali e riti di purificazione.

E se nella seconda età del Ferro le genti camune avevano associato all’acqua che sgorgava dalle grotte una divinità femminile, personificazione della presenza imminente della natura nella vita dell’uomo, i Romani, all’avvenuta conquista del territorio alla fine del I secolo a.C., accolsero la tradizione religiosa del luogo “reinterpretandola” e affidando a Minerva il ruolo di dea titolare.

Lo scavo archeologico

Nel 1986, nel corso di lavori di scavo per l’installazione di un impianto fognario, la ruspa tagliò incidentalmente un pavimento a mosaico.

L’avvio delle indagini mise in luce un grande blocco di marmo, una statua abbattuta e sepolta nella terra.

E’ questo l’inizio di una delle più interessanti scoperte archeologiche dei nostri giorni in Italia settentrionale.

L’intervento della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia evidenziò immediatamente lo straordinario interesse del sito e con le prime indagini scientifiche furono portati alla luce, sotto consistenti strati di crollo e di detriti alluvionali, i vani centrali di un santuario romano e la statua di culto in marmo greco della dea Minerva, mutilata e sfregiata intenzionalmente in antico con l’asportazione
del volto.

Tra il 1988 e il 1995 si sono susseguite campagne di scavo sistematiche, mentre al 2003 risalgono i più significativi ritrovamenti di età preromana: nel cortile sono state ritrovate strutture in pietra utilizzate dal VI al I secolo a.C. dalle popolazioni locali per riti all’aperto in onore di una divinità indigena legata alle acque.

Preziosa testimonianza della cultura religiosa camuna, nonché delle relazioni con le tradizioni italiche e mediterranee, è un pendaglio in bronzo raffigurante una divinità femminile schematizzata su una barca solare.

 

Il santuario romano

Il santuario romano dedicato a Minerva – luogo di culto ma anche sede d’incontro, di scambio, di controllo della viabilità - è strutturato in età flavia (69-96 d.C.) secondo il canone del tempio italico.

La pianta ricalca lo schema del tempio tuscanico delineato da Vitruvio (De Architectura, 27-23 a.C.) e i modelli dei Capitolia imperiali, in particolare del Capitolium di Brixia-Brescia, anch’esso costruito sotto l’imperatore Vespasiano.

L’edificio è composto da un corpo centrale, collocato su alto podio cui si accede tramite gradinate, e da due ali laterali porticate che si protraggono verso il fiume delimitando un ampio cortile scoperto. L’ambulacro sul fronte si allarga davanti all’aula di culto a formare un pronao monumentale. L’aula centrale, che ospita nella parete di fondo una nicchia sopraelevata per la statua di Minerva, è affrescata da girali e finte crustae marmoree e ha come pavimento un mosaico a tessere bianche e nere con motivi geometrici.

Vasche, fontane e statue nel cortile abbellivano l’intero complesso.
Il vano in cui l’acqua della sacra sorgente sgorga in una grande vasca mantiene le sue caratteristiche “naturali”. Il bere l’acqua era parte di un complesso cerimoniale che prevedeva offerte, sacrifici, banchetti e libagioni di cui sono testimonianza i numerosi materiali archeologici rinvenuti negli scavi e ora conservati nel vicino Museo Archeologico Nazionale Civitas Camunnorum a Cividate Camuno.

I rituali

Punto nodale dei riti di sacrificio e di offerta è il grande altare di pietra, in collegamento visivo diretto con la divinità, la cui statua di culto si trova in corrispondenza dell’oriente celeste.

La statua di Minerva in marmo greco, di misure maggiori del naturale, rappresenta un raro esemplare di immagine di culto trovata in situ nel proprio santuario.

Divinità dai molteplici attributi – divinità guerriera, ma anche del pensiero e del lavoro, della terra feconda e delle rocce, colei che mantiene la giovinezza e la salute degli uomini – unisce il significato religioso alla valenza ideologica, rappresentando non solo l’interpretatio romana di un più antico culto indigeno delle acque, ma anche l’affermazione dell’avvenuta conquista romana del territorio
camuno e del controllo delle nuove strade aperte verso le provincie transalpine.

Indossa chitone e himation e porta sul petto l’egida ornata al centro dal gorgoneion. La testa era sormontata da un elmo dotato di un ricco cimiero e decorato da una sfinge alata.

Con la mano sinistra reggeva la lancia, mentre con la destra tesa in avanti porgeva la patera (piatto) nel gesto di ricevere offerte.

La statua di Minerva

L’iconografia riprende un famoso modello statuario del V secolo a.C., quello della Athena Hygieia (Risanatrice), opera in bronzo ora perduta dello scultore greco Pirro dedicata sull’Acropoli di Atene intorno al 432 a.C.

La statua di Breno – ora esposta al Museo Archeologico Nazionale Civitas Camunnorum a Cividate Camuno – è forse la più antica tra le repliche finora note di età romana provenienti da collezioni storiche (tipo della Athena detta “Farnese-Hope”, conservate rispettivamente al Museo Archeologico Nazionale di Napoli e al Los Angeles County Museum of Art, California), immagine poi rapidamente trasmessa anche ai territori al di là delle Alpi.

PUBBLICAZIONI E BROCHURE

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