Maia càrte, péla pàser, lecatònch e sciòri, sono i soprannomi che la tradizione popolare attribuisce agli abitanti di Breno.
Tra le famiglie più importanti ricordiamo i Ronchi, gli Alberzoni, i Leoni, i Gheza, i Sigismondi, i Cattaneo e i Griffi.
Titolo 1
LE FAMIGLIE
Maia càrte, péla pàser, lecatònch e sciòri, sono i soprannomi che la tradizione popolare attribuisce agli abitanti di Breno. Nelle accezioni péla pàser e lecatònch i due termini derivano dalle conseguenze della presenza in paese delle istituzioni tributarie e giuridiche, che comportavano spesso dispendio di denaro; sciòri ricorda come - durante la dominazione veneziana - a Breno risiedevano tutte le famiglie "notabili" della Valle. è proprio grazie alla disponibilità di denaro e alla presenza di maestranze artigiane altamente qualificate, che i palazzi e le case sono decorati e arricchiti da opere d'arte. Tra queste famiglie la più antica a risiedere a Breno è quella dei Ronchi, attestata già nei documenti del XII secolo: di parte guelfa, saranno rivali dei federici, ghibellini, di Erbanno, che avranno un palazzo anche in paese. Dopo il XV secolo si ricordano anche le famiglie Alberzoni, Leoni, Sigismondi, Cattaneo e Griffi, quest'ultima, con possidenti terrieri nella vicina Losine. Nel Settecento da Cividate, si stabilisce in Breno, uno dei rami della famiglia Romelli. Si tratta di piccoli proprietari terrieri, notai, giuristi, medici, che contribuirono anche con politiche matrimoniali, a definire un ceto dominante colto e raffinato.
I TAGLIERINI
Famiglia di Breno nella quale parecchi membri si distinsero come notai, cancellieri. Un Antonio Taglierini era nel 1650 cancelliere della Valcamonica. Oliviero Franzoni riferisce di un Pietro Taglierini nato a Borno nel 1622 e morto a Breno nel 1679, figlio di Francesco. Abitò sempre in Breno dove esercitava l'arte notarile, fu Vice Cancelliere e poi Cancelliere della Valle esaminatore vitalizio dei notai. Antonio di Pietro (1661-1731) fu vice Cancelliere della Valle ed esaminatore dei notai. Pietro Giuseppe (1699-1748) figlio di Antonio fu notaio Cancelliere della Valle, Tesoriere ed esattore di campatici e tasse, Consigliere di segreto. Don Gerolamo fu Arciprete Plebano di Cividate, Francesco, figlio dell'avv. Antonio, fu Cancelliere dell'Archivio sussidiario notarile di Breno. Antonio fu avvocato e deputato.
Nel 1820 i Taglierini erano promotori di un Gabinetto di lettura. Nei moti del 1821 furono coinvolti il notaio Francesco e il dott. Pietro, sospettati di cospirazione. Giuseppe (m. a Milano l'11 marzo 1896) partecipò attivamente alla vita pubblica. Antonio (1889-1917) (v.) fu grande benefattore. Maria Taglierini nel 1907 era presidente della Società Operaia Femminile di Breno. Unica discendente fu Beatrice Taglierini Montiglio (v.). Sulla fine dell'Ottocento i Taglierini acquistarono a Breno anche la casa Giacomelli da cui era uscita Teresa Giacomelli Arrivabene, zia di don Enrico Tazzoli, e costruirono un grande palazzo con giardino.
I SIGISMONDI
I Cismondi, il cui cognome mutò nell'Ottocento in Sigismondi, rimanendo tuttavia in capo al ramo di Losine la vecchia dizione, sono originari di Sonico, dove il ceppo antico si chiamava Ravelli, da cui uscirono notai, farmacisti e sacerdoti, abitanti a Sonico e Edolo. Il notaio Giovanni Battista, figlio del notaio Marc'Antonio del fu Cismondo e di Maria Tiranini di Edolo, si stabilì a Breno agli inizi del Settecento.
I RONCHI
Furono tra le maggiori famiglie guelfe di Valle Camonica e fondarono le chiese di Sant'Antonio di Breno e partecipò attivamente nelle scelte politiche della Comunità. Nel 1198 fu investita del diritto di decime e di altre proprietà dal vescovo di Brescia, che aveva ottenuto, pochi anni prima, la signoria sulla Valle col titolo di Duca di Valle Camonica.
I ROMELLI
Provenienti da Ossimo, i fratelli Giovanni e Giacomo, si stabilirono a Cividate nella prima metà del Cinquecento, dando origine al ramo della famiglia che, nei decenni successivi, stabilizzò definitivamente il proprio cognome in Romelli. A Ossimo alcuni esponenti dei Brigotti Codori esercitarono 'arte notarile. In poche generazioni, grazie ai commerci, all'esercizio del prestito rurale, all'amministrazione dei terreni via via acquistati e alle professioni liberali, i Romelli seppero acquisire un largo patrimonio e un crescente ruolo sociale.
I LEONI
Storicamente è legata strettamente alla vicinia di Breno, si distingue nella difesa del castello dalle forze milanesi a metà del XV secolo.
I GRIFFI
Schierati nel campo guelfo in veste di vassalli fedeli alla curia vescovile, i Griffi - originati da consorterie di ceppo bresciano, quali Martinengo o Lavellongo - ottennero nel medioevo vaste infeudazioni, soprattutto nella Media Valle Camonica, favoriti dalla circostanza che un loro congiunto, Giovanni Fiumicello de' Griffi, fu vescovo di Brescia tra il 1174 e il 1195. Nella seconda metà del secolo XII, a seguito delle lotte interne che lacerarono il Comune di Brescia, i Griffi furono costretti ad abbandonare la città e a rifugiarsi nel feudo di Losine, già dei Martinengo. Accanto a notevoli proprietà coloniche, i Griffi rilevarono il luogo fortificato, che divenne il riferimento per il loro potere su un'ampia area circostante. Lungo tutto il Trecento e nella prima metà del secolo successivo la casata di Losine conseguì varie investiture vescovili, guidando la fazione contrapposta ai ghibellini e allargando la sfera d'influenza in altri paesi, quali Breno, Braone, Niardo, Cem-
mo e Edolo. Nel 1435 la famiglia entrò in possesso del diritto di esigere il pedaggio sulle merci in transito sopra il ponte sull'Oglio esistente nell'abitato di Mù, rilevante crocevia per il controllo dei traffici con l'Engadina, il Basso Tirolo e la Germania. Sotto la Repubblica di Venezia i Griffi rafforzarono la presenza a Breno, centro amministrativo e politico valligiano, dove nel 1431 prese stabile residenza (con casa nella contrada di Desertagna) il notaio Giovanni del fu Graziolo del fu Pace.
I GHEZA
Famiglia discendente da quella dei Fostinoni e probabilmente da certo Zerzolo detto "Geza de Fostinonibus" che nel 1388 veniva investito di beni feudali dal vescovo di Brescia. La famiglia ebbe sede soprattutto a Borno. Di questo ramo è quel Tonino che pure ebbe investiture nel 1458 e nel 1465. La famiglia diede alla Valle sacerdoti e professionisti. Qualcuno vuole che il nome derivi da popoli Gesati della Gallia. Solo nei primi decenni del secolo XV fa capolino questo soprannome, dato ad un Fezolo (Mafezolo) detto Gesse o Gexe. Nel 1540 dal comune di Esine vengono affidati a Giovanni detto Zanino Gesi di Piamborno i Saletti. Ritengono sia questi il padre di Obertino, Michele e Bartolomeo Gese che nell'estimo del 1601 risultano abitanti in Toroselle in separate famiglie, come affittuali dei nob. Federici della Torre. Non hanno ancora ne casa propria ne terreni, ma tengono un numero abbastanza rilevante di vacche, 35 in tutto, e un discreto numero di bestie minute, pecore e capre. Tutti i rami dei Gheza della Sacca, di Plemo e di Esine discendono parte da Bartolomeo e i più da Michele, del quale al principio del secolo XVII sono ricordati i figli: Andrea, G. Antonio, Giovanni e Gio. Pietro. Al principio del '600 abitavano alle Toroselle di Esine e probabilmente da Giovanni Antonio discendono tutti i Gheza della Sacca, da Giovanni delle Toroselle i Gheza di Esine e di Plemo da Giovan Pietro, quelli di Plemo (ramo estintosi nel '700). Alla fine del '600 esistevano già in Esine i Gheza-Petràncc la cui discendenza risulta essere la più distinta di questa famiglia. Però questo ramo è emigrato verso la metà dell'800 lasciando come unico ricordo il nome di un gorgo del Càena, «'l goi dèi Petràncc», evidentemente perchè questi Gheza avevano proprietà nelle adiacenze di quel torrente. Con l'andare del tempo i Gheza iniziarono a costruire abitazioni e ad acquistare terreni di famiglie ormai in declino, dilagando poi nel territorio di Plemo e di Esine, fino a divenire una famiglia sterminata, senz'altro la più popolosa del comune. Ad Esine si distinsero il ramo dei Gheza Fontane-Ris e i Gheza dei Fontane-Sagrestà. Altri rami si distinsero a Breno Borno e in altri centri della Valcamonica e si spinsero anche a Brescia.
I FEDERICI
A partire dagli ultimi decenni del Trecento il nobile Marchesio Federici, figlio di Ziliolo, abitante nel castello di Gorzone, prese dimora a Esine dove nel 1373 promosse l'ampliamento della chiesa castrense della Santissima Trinità e dove la sua discendenza si andò lentamente dipanando in un complesso mosaico di rami. Con l'avvento della Repubblica Serenissima l'irrequieta famiglia Federici - che era emersa dall'arruffata congerie delle consorterie medioevali e che incarnò la più compiuta espressione camuna della nobiltà germinata dai feudi - venne in parte spezzata fisicamente, in parte ingabbiata in un intrico di privilegi e di vincoli. La liquidazione politica della signoria dei Federici, che coincise con la fine della società medioevale valligiana, si chiuse nel 1454 con la definitiva conquista veneta, da cui prese avvio un periodo di sostanziale stabilizzazione sociale e di diffusa ricchezza culturale e artistica. Già nel 1314 i Federici avevano acquistato in Esine un vasto fabbricato di ragione di un soppresso convento di frati Umiliati, ponendo qui un palazzo di notevole interesse architettonico, risalente nelle sue sezioni principali al Cinquecento. Con l'estinzione del ramo che lo abitò (soprannominato della Torre), la residenza passò alla famiglia Rizzieri di Breno, avendo l'avvocato Giovanni Antonio Rizzieri sposato Caterina Federici, figlia del dottore in legge Giovan Battista del fu Raimondo.
I CATTANEO
La famiglia, ricordata nelle fonti del primo Cinquecento anche come Monini, risulta già a Breno nel XV secolo. Furono una famiglia appartenente all'aristocrazia comunale di Breno e della Valle Camonica. Il capostipite del casato, comunque il più antico rappresentante noto, sarebbe dominus Petrinus de Capitaneis, “procuratore” a Breno il 7 agosto 1425, figlio di Gherardo Federici di Mu (attuale Edolo), del ramo comitale della famiglia Federici. Il ceppo, oltre che a Breno, risulta insediato a Brescia, dove opera Antonio Bono, medico e poeta, vissuto tra la fine del XV secolo e l’inizio
del successivo. Padre Gregorio di Valcamonica cita un Pietro Cattaneo come “sindaco” di Valle nel 1460 e nel 1463. Non abbiamo tuttavia altre notizie su questo personaggio né c’è la certezza che si tratti di un Cattaneo del ramo di Breno. P
La documentazione del XVII secolo ci permette invece di cogliere i Cattaneo nella loro ascesa. Una «casa» della
famiglia è citata tra quelle eminenti di Breno nella relazione del podestà veneto Giovanni da Lezze. La figura inizialmente più rilevante è quella di domino Luca Cattaneo, eletto “consigliere” per Breno per gli anni 1601-1603. Nella seconda metà del Seicento i Cattaneo arrivano a occupare i gradi più alti della politica e dell'amministrazione. I Cattaneo, ceto di notabili e di uomini delle professioni, meno legati al possesso della terra (sebbene di ragguardevole ricchezza, come dimostrano i loro possedimenti riportati nell’estimo di Breno del 1730), al contrario di altri casati, come i Conti e i Bonometti, assicurano la sopravvivenza della stirpe tramite la politica dei matrimoni, fino almeno agli inizi del XX secolo. Nel 1910 le ultime discendenti di Giovanni Battista Cattaneo donano a Romolo Putelli i ritratti dei propri antenati per la costituzione del suo «Museo-Archivio Camuno», il quale, a sua volta, le ricompensa con uno dei primi studi sulla genealogia della loro famiglia.
GLI ALBERZONI
Famiglia di parte guelfa, sono fra i protagonisti delle contese tra le fazioni medievali, a siedono con costanza nelle assemblee della vicinia.